Nuove sindromi
definite a tavolino. Fattori di rischio
trasformati in patologie. Alti e bassi della vita considerati gravi
disturbi.
Ecco come l'industria farmaceutica ci trasforma tutti in pazienti. Per
vendere
sempre più farmaci.
C'è una storia interessante raccontata in uno degli ultimi
numeri del Bollettino
d'informazione sui farmaci, austera
pubblicazione del ministero della Salute. Eccola: dalla fine degli anni
80
hanno iniziato a riunirsi periodicamente a Roma alcuni gruppi di
specialisti
dell'intestino, con il compito di discutere tutte le malattie cui
questo organo
può andare incontro. Finora ne hanno descritte minuziosamente
21, tra cui la
stipsi cronica, che colpisce chi non va di corpo
“spontaneamente” almeno tre
volte la settimana da oltre sei mesi.
Lo zelo classificatorio degli esperti è ben applicato, ironizza
l'editoriale
sul Bollettino,
dato che uno studio clinico
“randomizzato e controllato a doppio cieco con placebo ha
appurato che il
tegaserod (farmaco già in commercio in Usa, in attesa di
approvazione in
Italia, ndr) produce un'evacuazione spontanea in più ogni due
settimane, al
costo di circa 100 dollari per "evento" aggiuntivo”.
Moltiplicando il numero degli eventi aggiuntivi per quello degli
interessati
alla questione (“Almeno 4 milioni di italiani” informa uno
degli ultimi
comunicati stampa giunti in redazione), si comprende la
generosità con cui varie industrie farmaceutiche hanno
sovvenzionato per anni le riunioni di Roma e le associazioni di
pazienti che si
sono costituite per richiamare l'attenzione sui disturbi intestinali.
Ci sarebbe quasi da sorridere se l'argomento non fosse dei più
seri, perché il
caso della stipsi cronica, o la sindrome del colon irritabile, l'altra
faccia
della medaglia, sono due esempi fra tanti di come l'industria della
salute, per
assicurarsi una continua crescita del mercato,
stia trasformando normali alti e bassi della vita quotidiana, disturbi
lievi e comuni, in malattie potenzialmente serie per cui è
necessario assumere
farmaci. Un fenomeno su cui medici, ricercatori e
giornalisti
specializzati cominciano a mettere in guardia. Uscirà ad aprile
“Gli inventori
delle malattie” (Lindau) del giornalista medico Jörg Blech,
che segue di pochi
mesi “Farmaci che ammalano” (Nuovi Mondi Media) di Ray
Moynihan e Alan Cassels.
A rifletterci con senso critico, certe notizie puzzano.
Osteoporosi:
secondo stime che escono sui giornali, sarebbe a rischio quasi
metà delle
persone dai 65 anni. Colesterolo:
i dati usciti poche settimane fa indicavano che un italiano su due
viaggia
oltre le soglie di rischio.
E la depressione?
Sembra che colpisca 330 milioni di persone e che il 90 per cento sia
curato
inadeguatamente. Siamo davvero tutti malati? C'è qualcosa che
non torna. Anche
perché, come ha osservato candidamente l'amministratore di
un'industria
farmaceutica, “se sommiamo tutte le statistiche, ognuno di noi
dovrebbe avere
all'incirca 20 malattie”.
Quella di considerare tutti malati, come sognava il dottor Knock nel
“Trionfo
della medicina”, è un processo che ha una causa semplice.
Come scrive
brutalmente Blech, “per poter mantenere inalterata l'enorme
crescita avuta
negli anni passati, l'industria della salute deve prescrivere sempre
più spesso
farmaci a persone che sono sane”. Già trent'anni fa,
raccontano Moynihan e
Cassels, il direttore della Merck, Henry Gadsden, vicino alla pensione,
si
crucciava di poter vendere soltanto ai malati e sognava un mercato
potenziale
in cui “tutti” fossero clienti della sua industria.
I meccanismi con cui ciò sta davvero avvenendo, e il grado cui
si è spinta
l'impresa, sono però sbalorditivi. “Dagli studi clinici
sui farmaci alle
riviste scientifiche, fino ai congressi medici, alle campagne di
sensibilizzazione sulle malattie e alla pubblicità diretta o
indiretta, è
colonizzata l'intera medicina” sostiene Nicola Magrini, direttore
del Ceveas,
il Centro per la valutazione dell'efficacia dell'assistenza sanitaria.
Le
strategie di marketing dell'industria farmaceutica sono efficienti e
consolidati gli espedienti per creare nuove malattie. Lo racconta con
dovizia
di particolari Moynihan che dedica ogni capitolo del suo libro a un
caso, dal
colesterolo all'ipertensione, dalla depressione alla disfunzione
sessuale
femminile.
UN MALE PER OGNI PILLOLA
Nelle strategie del marketing, prima
del farmaco viene promossa la malattia
OSTEOPOROSI, UN
BUSINESS
La densità ossea, misurabile con la mineralometria, è
solo
uno dei fattori, neppure il più importante, della
probabilità di una frattura.
Nonostante ciò, grazie anche a una campagna massiccia di
marketing e pubbliche
relazioni cominciata oltre dieci anni fa, i test per la densità
ossea si sono
moltiplicati esponenzialmente e l'osteoporosi da fattore di rischio
è stata
trasformata in “malattia certificabile”. I farmaci per
trattarla sono tra i più
prescritti.
MASCHI AL
CREPUSCOLO
Anche gli uomini, al pari delle donne, avrebbero la loro menopausa,
dovuta a un
lento calo degli ormoni maschili. Conseguenze: una sorta di crepuscolo
della
virilità e sintomi come calo del desiderio, erezioni meno forti,
minori
capacità sportive, depressione, perdita di peso, sonnolenza,
riduzione della
capacità lavorativa. Secondo varie campagne di
sensibilizzazione, l'andropausa
è un problema sottovalutato che andrebbe invece affrontato,
anche con farmaci.
MALATI DI
TIMIDEZZA
Una volta si chiamava timidezza, ora si chiama “disturbo d'ansia
sociale”.
Consiste in “un senso generale di disagio quando si è in
mezzo ad altre persone
che può limitare la propria capacità di
interagire”. Una campagna di pubbliche
relazioni ben orchestrata, che in Italia è stata meno ossessiva
rispetto ad
altri paesi, ha cominciato a sensibilizzare su questa condizione, che
sarebbe
sottodiagnosticata e sottocurata, per spingere un farmaco.
SIAMO TUTTI
DEPRESSI
“Hai provato sentimenti di tristezza, perdita di interesse,
difficoltà a
dormire, o difficoltà a concentrarti? Questi e altri sintomi, se
sperimentati
quasi ogni giorno per almeno due settimane, potrebbero indicare che
soffri di
depressione” dice il sito internet di un antidepressivo. In vari
paesi le
vendite di questi farmaci sono triplicate negli anni 90 anche se,
secondo gli
studi, i benefici sono più modesti di quanto faccia intendere la
promozione, e
l'efficacia limitata ai casi gravi.
COLESTEROLO, CHE MANIA
Dalla metà degli anni 90 quattro diverse edizioni di linee guida
hanno
abbassato sempre più il livello di colesterolo definibile
normale. Lo stesso è
accaduto con l'ipertensione e la glicemia, tanto che la fascia di
popolazione
per cui si ritiene necessario un intervento farmacologico è
sempre più ampia.
Si tratta di fattori di rischio controllabili spesso con semplici
cambiamenti
nello stile di vita, che si sono trasformati in malattie vere e proprie.
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